Le idee di Ormete

La memoria come patrimonio

La memoria è un elemento cruciale per lo sviluppo culturale di una società e per la definizione, o ri-definizione, dell’identità di una comunità. Memoria collettiva e memoria individuale, memoria dei luoghi e memoria degli eventi, memoria ufficiale e memoria rimossa: sono tutti aspetti di un’unica e grande questione che riguarda il rapporto fra il nostro presente e l’eredità del passato, insieme alla capacità di narrare sia l’uno sia l’altra.

Negli ultimi decenni, grazie al lavoro di molti ricercatori e a una più diffusa sensibilità al problema che il rischio di una perdita di memoria comporta, gli studi e le iniziative sulla memoria si sono moltiplicate e notevolmente arricchite.

La storia orale ha cominciato a documentare memorie precedentemente considerate marginali; a rispondere al silenzio della storia narrando la vita di gruppi sociali che non avevano mai avuto voce; a raccontare le vite di una parte di italiani che la storia ufficiale non ha voluto, o non ha potuto, raccontare.

Così l’acquisizione degli strumenti e dei metodi propri della storia orale, che della memoria fa il suo campo d’indagine privilegiato, ha modificato in modo consistente l’intera riflessione sulla contemporaneità: dagli studi sociali, a quelli di genere, dalla micro-storia locale, alla storia delle classi subalterne. Con un risultato complessivo davvero importante: la consapevolezza che la memoria di una società è una memoria multiforme, in cui coabitano, più o meno pacificamente, molte e diverse memorie.

Il teatro, la memoria, la storia orale

L’irriproducibilità dell’evento dal vivo, “live” è una caratteristica specifica del teatro. Questo aspetto rende i racconti di chi è stato presente e ha vissuto un evento teatrale particolarmente preziosi: si tratta di memorie che, in modo estemporaneo o programmato, orale o scritto, intenzionale o meno, sono fra le poche tracce che il teatro lascia.

Possono essere racconti interni al mondo della scena teatrale, narrati dai suoi stessi protagonisti, oppure racconti esterni, testimonianze dirette degli spettatori, ma in entrambi i casi si tratta di testimonianze che vivono della parzialità degli sguardi di cui sono l’espressione, che non hanno pretesa di oggettività e che pure testimoniano una verità, quella di una documentazione tesa fra passato e presente e frutto di un’esperienza vissuta in prima persona.

Eppure, nonostante le molte analogie che si instaurano fra teatro e fonti orali (la relazione in presenza, l’intersoggettività, la performatività), la storiografia teatrale italiana è rimasta scarsamente investita dai temi e dai metodi della storia orale, nonché da una attenta riflessione sulla memoria.

ORMETE si inserisce in questo vuoto per incrociare le fonti tradizionali a disposizione dello storico del teatro contemporaneo con i metodi della storia orale, rielaborandoli opportunamente, e con le riflessioni sulla memoria e sui processi di memorizzazione, riattualizzazione e narrazione del ricordo che hanno investito la storiografia internazionale degli ultimi venti anni.

Attraverso l’integrazione del patrimonio dei documenti tradizionali (testuali e iconografici) con la produzione di nuove fonti orali (o con la raccolta di fonti orali preesistenti), ORMETE intende confrontarsi anche con una riflessione specificatamente storiografica e verificare la solidità delle principali categorie e articolazioni utilizzate dalla storiografia teatrale per analizzare e comprendere il teatro italiano del Novecento. Interrogare i testimoni, dare voce a frammenti di storie poco o non conosciute, riflettere sulle modalità dei processi di memorizzazione e sulla sedimentazione nel tempo delle esperienze del passato: tutto questo quanto e come incontra o mette in discussione le attuali categorie storiografiche sul teatro italiano del Novecento?

La specificità relazionale delle fonti orali corrisponde inoltre alla specificità relazionale del linguaggio teatrale. Queste affinità costitutive tra fonti orali e teatro stimolano a spostare il fuoco dell’attenzione su questioni che ruotano intorno alla “relazione”: la relazione intersoggettiva e spaziale (teatrante/spettatore; palco/platea) che fonda l’atto spettacolare, così come quella che si stabilisce fra testimone e ricercatore; la relazione fra pubblico e privato; fra oralità (dell’intervistato) e scrittura (dello storico); fra il presente in cui si parla e il passato di cui si narra.

Una memoria per il futuro e il dialogo fra le generazioni

«La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l’esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del Novecento. La maggior parte dei giovani alla fine del secolo è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono».

(J. Hobsbawn, Il secolo breve, 1999)

Il delicato problema della trasmissione del sapere fra generazioni diverse nella società contemporanea, unito alla fragilità costituzionale delle tracce di memoria che il teatro lascia dietro di sé, costituisce un fertile terreno per attivare incontri, sinergie, processi conoscitivi e rielaborazioni dei saperi lungo percorsi inediti.

ORMETE mette in relazione generazioni diverse, porta al confronto dialettico mondi e linguaggi che raramente hanno l’occasione di incontrarsi e di condividere uno spazio di conoscenza, conduce i protagonisti (ricercatore e testimone) ad assumersi la reciproca responsabilità del come avviene il processo di recupero, organizzazione e narrazione della memoria.

La memoria è sempre per qualcuno. Può riallacciare fili interrotti, saperi dimenticati, energie disperse; può stimolare una necessità di confronto col passato che ci sembra che sia latente proprio nelle generazioni più giovani.